"Fellini come Giotto,
l'Italia non lo dimentichi" è l'appello (condiviso da tutti) lanciato
dal Maestro Nicola Piovani a Cannes, che commenta con amarezza "il
silenzio assordante dell'Italia dopo la sua morte"
Federico Fellini tra Luchino Visconti e Marcello Mastroianni.
Federico
Fellini e Giulietta Masina
"Se continua così, che la
Francia lo considera una specie di Giotto del cinema e l'Italia solo
alla stregua di uno Zeffirelli, mi verrà da pensare che Fellini sia
un grande regista francese, e non un italiano". Il maestro Piovani
commenta così "il silenzio assordante dell'Italia", quello seguito
alla morte del grande regista. Il maestro Piovani ha dedicato al
Fellini musicale la sua Lezione ( la prima di un nuovo ciclo del
Festival di Cannes che si aggiunge alle Lezioni di Cinema
che annualmente avvengono.
Il maestro Piovani ha raccontato al pubblico
del festival fatti inediti del grande regista, dando del
Fellini privato e segreto l'immagine di un grande maestro del cinema
che nonostante dicesse di odiare la musica,trascorreva intere
giornate ad ascoltare le proposte musicali del suo compositore,alla
ricerca della nota giusta,o proponendo variazioni per meglio
commentare il silenzio delle sue immagini filmiche.
Senza trascurare un doverose ricordo a Nino
Rota che ha composto le musiche di tanti capolavori di Fellini, il
maestro Piovani ha concluso la lezione con una testimonianza
divertente,ma atratti anche commossa.
" Più che una mia lezione
al pubblico, questa è la lezione che io ho appreso da Fellini. Una
lezione che mi ha insegnato molto, indimenticabile e sorprendente".
Sorprendente come nei primi giorni di lavoro, quando il giovane
Piovani annotava sconcertato sul suo bloc notes che "la musica è
qualcosa di cinico, volgare, ripetitivo e arrogante", salvo poi
apprendere dalla stessa bocca di Fellini, che deve essere bella,
soprattutto bella. E l'idea che "nel buon cinema la musica è
qualcosa di lontano e di diverso. Un altrove, che evoca un'emozione
che il personaggio, le parole o le immagini non riescono a dire.
Qualcosa insomma - conclude Piovani - che fa paura, e da cui Fellini
prendeva le distanze".
E racconta il maestro che Fellini si teneva
alla larga anche dai suonatori ambulanti, perché diceva che la
musica aveva su di lui "potere ricattatorio"; odiava la musica
napoletana "straziante come un lamento di cane" e "quando diceva di
non amare la musica era solo perché si sentiva troppo vulnerabile".
Tra i pochi titoli che Fellini era disposto a
salvare, ne ricorda solo quattro o cinque, tra cui i Beatles,
Dove sta Zazà e
Coimbra, canzone portoghese che
Piovani indica come l'armonia fondamentale alla base di tutta la
musica del cinema di Fellini.