A voi che mi ascoltate, e a tutti
gli italiani, in patria e all'estero, il più cordiale
augurio di Buon Anno.
E' un augurio che
vi rivolgo per la prima volta da Presidente della Repubblica.
Rivivo la lontana emozione del mio incontro con la politica
nell'Italia appena rinata alla democrazia. E colgo l'occasione
per dirvi dunque brevemente dell'esperienza che sto compiendo
da alcuni mesi e dei problemi con cui mi sono misurato.
Mi sono stati già
affidati nel passato delicati incarichi nelle istituzioni
italiane ed europee. Ma sto ora verificando quanto sia più
complessa e impegnativa la responsabilità che la nostra
Costituzione attribuisce al Capo dello Stato. Interpretare
ed esprimere, con passione civile e con assoluta imparzialità,
sentimenti e valori condivisi, esigenze e bisogni che riflettono
l'interesse generale del paese. E guardare sempre all'unità
nazionale come bene primario da tutelare e consolidare.
A questo più
alto incarico sono stato chiamato all'indomani di un voto
che ha visto gli elettori dividersi in due parti quasi uguali,
tra loro nettamente contrapposte. Le diversità, anche
radicali, degli orientamenti e dei programmi, e quindi l'asprezza
dei contrasti, non possono preoccupare perché fanno
naturalmente parte della competizione democratica. E non cancellano
tutto quel che ci unisce come italiani. Ma forte è
il bisogno di un clima più sereno e costruttivo. Ho
creduto e credo di doverlo dire.
Se la politica
diventa un continuo gridare, un gareggiare a chi alza di più
i toni, uno scontrarsi su tutto, su ogni questione, in ogni
momento, ne soffrono le istituzioni, a cominciare dal Parlamento,
e ne soffre il rapporto con i cittadini. Quando nel frastuono
generale non si possono nemmeno più cogliere bene le
diverse posizioni e proposte, allora molti finiscono per allontanarsi
non da questo o quel partito, ma dalla politica.
E invece, attenzione.
A chi mi ascolta, e a tutti gli italiani, vorrei dire : non
allontanatevi dalla politica. Partecipatevi in tutti i modi
possibili, portatevi forze e idee più giovani. Contribuite
a rinnovarla, a migliorarla culturalmente e moralmente. Lessi
molti anni fa e non ho mai dimenticato le parole della lettera
che un condannato a morte della Resistenza, un giovane di
19 anni, scrisse alla madre : ci hanno fatto credere che "la
politica è sporcizia" o è "lavoro
di specialisti", e invece "la cosa pubblica siamo
noi stessi". Quelle parole sono ancora attuali : non
ci si può rinchiudere nel proprio orizzonte personale
e privato, solo dalla politica possono venire le scelte generali
di cui ha bisogno la collettività, e la partecipazione
dei cittadini è indispensabile affinché quelle
scelte corrispondano al bene comune.
Ma a questo fine
è importante che vi sia più dialogo, più
ascolto reciproco, tra gli opposti schieramenti. Non abbracci
confusi, ma nemmeno guerre come tra nemici piuttosto che polemiche
tra avversari. E' questo l'appello che ho rivolto e che continuo
testardamente a rivolgere ai protagonisti della vita politica,
interpretando, credo, il comune sentire dei cittadini. Quel
che auspico è lo stesso clima consolidatosi, nella
politica e nelle istituzioni, in grandi paesi democratici.
E' possibile che ci sia anche da noi, confido che ci si arriverà.
Attraverso un confronto
costruttivo si potranno ricercare - e questo, in sostanza,
è ciò che preme a tutti noi - le soluzioni migliori
ai problemi più gravi del paese. Ne citerò qualcuno
che sento di più. Innanzitutto quello di far crescere
e progredire l'Italia nel suo insieme. Le difficoltà
non sono poche, lo sappiamo : dobbiamo alleggerirci del pesante
debito pubblico accumulato nei decenni scorsi, e ciò
richiede seri sforzi per dare priorità all'interesse
generale. Dobbiamo riuscirci non solo per rispettare i nostri
impegni con l'Europa, ma per porre su fondamenta più
solide e sane lo sviluppo del nostro paese.
Lo sviluppo, ripeto,
dell'insieme del paese. La sua parte più dinamica e
competitiva merita la massima attenzione per il ruolo trainante
che svolge, ma neppur essa può crescere per proprio
conto, con le sue sole forze. E' indispensabile una visione
unitaria e solidale : non si può fare a meno del grande
potenziale rappresentato dal Mezzogiorno, occorre metterlo
a frutto con politiche incisive e coraggiose.
E per fortuna,
l'Italia non è ferma. Ha già ripreso a crescere,
col contributo determinante di imprenditori che hanno imboccato
la strada dell'innovazione e del rischio nel mercato globale
; e insieme di tecnici e lavoratori qualificati e aperti al
cambiamento, consapevoli che è il momento di premiare
il merito. Bisogna incoraggiare gli uni e gli altri : guardando
con particolare sensibilità a chi lavora in condizioni
pesanti e per salari inadeguati, a cominciare dagli operai
dell'industria. E non si può tollerare la minaccia
e la frequenza degli infortuni cui è esposta la sicurezza,
e addirittura la vita, di troppi occupati, specie di chi,
italiano o immigrato, lavora in nero.
L'occupazione è
in aumento. Ma c'è da creare ancora lavoro per molti
giovani e donne, specialmente nel Sud : lavoro alla luce del
sole e pienamente riconosciuto nei suoi diritti. E' questa
una delle condizioni principali per realizzare una maggiore
coesione sociale e civile, e in particolare per combattere
fenomeni di disgregazione e criminalità nelle regioni
più difficili.
Più coesione
significa anche più equità, meno disparità
nei redditi e nelle condizioni di vita, più vicinanza
e sostegno per le persone e le famiglie che versano - e sono
tante - in penose ristrettezze, e per quelle che sono provate
da sofferenze di ogni natura. Più coesione significa
inoltre uno sforzo maggiore per integrare nel sistema dei
nostri principi e precetti costituzionali, senza discriminarli
o tenerli ai margini, gli stranieri di cui l'Italia oggi ha
certamente bisogno, e di cui è stato ed giusto regolare
l'ingresso legale nel nostro paese.
Una società
più giusta, libera e aperta può anche essere
più sicura, attraverso il richiamo severo, che non
deve mancare, al rispetto delle leggi, delle regole, dei doveri.
E' a questo impegno che presiedono con grande dedizione, negli
ambiti di rispettiva competenza, le forze dell'ordine, e la
magistratura, alla quale spetta anche contribuire a un più
lineare e rapido corso della giustizia.
Sono queste le
basi da rafforzare per un nuovo sviluppo del nostro paese,
che è possibile e non dipende solo da chi ha responsabilità
di governo ma dall'iniziativa e dal contributo di molti. E
ci dà fiducia la ricchezza delle risorse umane di cui
disponiamo : risorse come quelle della scuola e della ricerca,
ingegno creativo e produttivo, e insieme sensibilità
e solidarietà diffuse, che si esprimono con forza crescente
in tante forme, a cominciare dal volontariato, quello delle
ragazze e dei ragazzi del Servizio civile che ho da poco incontrato,
e quello dell'associazionismo laico e religioso.
E alla vigilia
dell'Anno europeo delle pari opportunità voglio sottolineare
come in Italia tra le riserve preziose su cui contare ci sia
quella, ancora così poco valorizzata, dei talenti e
delle energie femminili.
Vedete, ho conosciuto
e ascoltato un mese fa a Napoli due donne. La prima, madre
di un ragazzo che si stava perdendo nelle trappole della malavita,
ci ha raccontato come abbia combattuto per salvarlo, per recuperarlo
alla scuola e come ci sia riuscita con l'aiuto della scuola.
La seconda, una giovane che ha studiato con successo giungendo
alla laurea e al dottorato, lavora ora a un progetto avanzato
di ricerca genetica, per mille euro al mese - e si considera
fortunata -, con un contratto che scade nel maggio prossimo,
ma "non ci penso - ha detto - perché ho un lavoro
bellissimo".
Ecco, due casi
così diversi : ma che ci dicono entrambi quale forza
morale anima tante donne e può diventare fattore essenziale
di progresso civile e di crescita dell'economia e della società.
In particolare, gli incontri che ho ricordato mi hanno dato
ancor più fiducia nell'avvenire di Napoli : è,
come sapete, la mia città, ma penso sia cara a tutti
gli italiani.
Per raccogliere
le energie di cui è ricca la società italiana,
indirizzarne e soddisfarne responsabilmente le domande, contrastando
particolarismi e chiusure egoistiche, la politica ha bisogno
di istituzioni più riconosciute e più forti.
Si trovi dunque l'intesa per riformarle, senza toccare il
patrimonio dei grandi valori e indirizzi costituzionali. Si
concordino con realismo e misura quelle riforme che possono
rendere più chiaro e coerente il ruolo delle autonomie
regionali e locali, più efficace nelle sue decisioni
il Parlamento nazionale - supremo fondamento della democrazia
repubblicana. E si ricerchi pazientemente l'accordo su meccanismi
elettorali che rendano più lineare e sicura la formazione
delle maggioranze chiamate a governare il paese.
Infine, la politica
deve guardare non solo all'Italia d'oggi, ma al mondo e al
suo futuro.
Abbiamo costruito
e consolidato la pace nel cuore dell'Europa, ma non c'è
ancora pace oltre i suoi confini. In questo momento tragici
bagliori ci giungono ancora dall'Iraq. Sentiamo come minaccia
comune le guerre che sconvolgono il Medio Oriente, che insieme
con la fame e le malattie attraversano e flagellano l'Africa,
da ultimo ancora una volta in Somalia, e che toccano ancora
altre regioni.
La comunità
internazionale, e in particolare l'Europa e l'Italia, non
possono assistere inerti a questi conflitti, o al rischio
della proliferazione nucleare ; sono tenute a fare la loro
parte per promuovere pace, stabilità, disarmo, sviluppo,
per sostenere ovunque la causa dei diritti umani. Perciò
è giusto intensificare le iniziative di cooperazione
internazionale e partecipare alle missioni delle Nazioni Unite
e dell'Unione europea in aree di crisi, come quella da poco
iniziata in Libano. Ed è importante farlo con la carica
di professionalità e umanità che contraddistingue
le nostre Forze Armate, alle quali anche questa sera esprimo
la nostra riconoscenza.
Ci sono state decisioni,
come quella sull'ultima missione, prese in Parlamento a larghissima
maggioranza : ecco un esempio positivo di intesa tra opposte
parti politiche.
Il fenomeno delle
crisi più gravi e delle guerre in diverse parti del
mondo si intreccia col fenomeno del terrorismo internazionale,
portando in sé il pericolo dei fanatismi, delle contrapposizioni
radicali, degli scontri di civiltà. Non possiamo dimenticare
quel che l'Italia ha pagato per il terrorismo di casa nostra,
per quel delirio di violenza e per quelle vite stroncate,
alla cui memoria dobbiamo ancora rendere omaggio. Ebbene,
ci opponiamo con eguale fermezza al terrorismo di matrice
fondamentalista che non conosce frontiere. Esso non rappresenta
ma divide e minaccia innanzitutto lo stesso Islam. In quanto
a noi, perseguiamo non lo scontro ma il dialogo tra le culture
e tra le religioni.
Nell'attuale, contraddittorio
quadro mondiale un grande contributo positivo può venire
dall'Europa. E' una convinzione, ed è un'aspettativa,
che ho sentito esprimere dai Capi di Stato e dalle personalità
rappresentative di numerosi paesi, di diversi continenti che
ho incontrato in questi mesi. Occorre perciò superare
resistenze e difficoltà che impediscono una più
forte unità e azione europea. Lo diciamo sapendo che
anche l'Italia conterà nel mondo che si trasforma sotto
i nostri occhi solo se conterà di più l'Europa.
Su questi grandi
temi - la pace, in Terra Santa innanzitutto, tra israeliani
e palestinesi ; il dialogo con altre civiltà e altre
fedi, nella distinzione e nel reciproco rispetto ; il ruolo
dell'Europa - colgo una profonda sintonia con la Chiesa cattolica,
con le sue espressioni di base, con le sue voci più
alte. Ne ho tratto conferma dall'aperto e cordiale incontro
del 20 novembre con Papa Benedetto XVI, al quale invio di
qui il mio saluto beneaugurante. C'è sintonia nel sollecitare
un più giusto ordine mondiale, un modello di sviluppo
globale diverso e più sobrio, di fronte a un ormai
inquietante degrado dell'ambiente, che minaccia la stessa
sopravvivenza umana.
Nel discorso indirizzatomi
in occasione di quell'incontro, il Pontefice ha voluto richiamare
ripetutamente i principi e i valori affermati nella Costituzione
italiana. E' mia convinzione che sia in effetti questo il
riferimento essenziale per affrontare nel modo migliore anche
i temi più delicati che oggi ci vengono proposti dagli
sviluppi della scienza e dall'etica, da complesse situazioni
sociali e da dolorosi casi umani come quelli che ci hanno
di recente turbato e coinvolto. Alle scelte di cui si riconosca
la necessità, il Parlamento può giungere nella
sua autonomia attraverso un dialogo sulla vita e un confronto
sulla realtà della famiglia che portino chiarezza ed
evitino fratture.
In conclusione,
le questioni che si profilano in ogni campo all'inizio del
nuovo anno richiedono un impegno di più pacata e costruttiva
riflessione, un maggior senso del limite e della responsabilità.
E' così che potranno essere superate molte difficoltà,
rispetto alle quali un paese come il nostro deve e può
avere fiducia in sé stesso. E' un paese nel quale antiche
e profonde sono le radici della civiltà dell'Europa
e dell'Occidente. E' un paese che può far leva tanto
sulla sua storia quanto sul suo dinamismo, sulla sua capacità
di rinnovarsi e migliorarsi.
E' questo il saluto
di Buon Anno che rivolgo dunque a voi tutti, alle vostre famiglie,
e in modo particolarmente affettuoso - anche da nonno, se
mi permettete - ai bambini che vi circondano. Ne incontro
molti, al Quirinale e nelle città : e sono sempre una
fonte fresca di gioia e di speranza. E' pensando a loro che
dobbiamo saper guardare lontano, saper guardare consapevolmente
al futuro.
Grazie, e ancora
auguri!
31 dicembre 2006
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