Dopo
l'annuncio del premier Berlusconi, nella trasmissione
Porta a Porta: ''Gia' da settembre cominceremo una
progressiva riduzione del numero dei nostri soldati in Iraq'', è
nato un fitto incrocio di comunicati, e telefonate di chiarimento.
Il presidente americano George W. Bush, dopo una
telefonata con il premier Berlusconi, ha detto
: «il presidente Berlusconi voleva, per prima cosa, che sapessi
che non c'è nulla di cambiato nella sua politica, che ogni
ritiro sarà fatto in consultazione con gli alleati e sarà
fatto in funzione della capacità degli iracheni
di difendersi da soli. E questa è la posizione degli Stati
Uniti: le nostre truppe torneranno a casa quando
l'Iraq sarà capace di difendersi da solo.E
questo è anche
quanto io riscontro parlando con altri alleati». È
ovvio, conclude Bush, che «la gente sia ansiosa che
le truppe tornino a casa. Ma nessuno vuole che il richiamo delle
truppe comprometta la missione. Abbiamo fatto un sacco di
progressi
e,
quando parlo con la gente, la maggior parte capisce la necessità
di completare la missione. E completare la missione significa essere
sicuri che gli iracheni possano difendersi da soli».
Berlusconi tornando sulle sue parole di ieri da Vespa a proposito
del ritiro dall'Iraq, ha precisato che nessuna data sul rientro
delle truppe italiane
«è stata mai fissata.Era
un auspicio: il ritiro dev'essere concordato con gli alleati».
Tony
Blair, rispondendo al question time alla Camera dei Comuni,ha
precisato: «Nè noi, nè l'Italia abbiamo fissato
la data di inizio del ritiro dall'Irak. L'indicazione di settembre,
va intesa come la speranza che le forze di sicurezza irachene siano
pronte per quella data».
Secondo il «New York Times» l'alleanza con gli USA comincia
ad avere per l'Italia un costo troppo alto; per il «Guardian»
l'annuncio di Berlusconi è collegato all'irritazione per
la morte di Nicola Calipari.
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