La
Babele d’Europa
che ha smarrito
le radici cristiane
di Turi Vasile
L’altro
ieri, 29 ottobre, anno 2004 dell’era cristiana, su uno
dei colli fatali di Roma è stata inaugurata la nuova
torre di Babele. Venticinque idiomi infatti sono convenuti
in Campidoglio per innalzare quella costruzione che, secondo
la Genesi, gli abitanti di Sennaar (sembra dalle parti di
Bagdad!) avevano concepita altissima fino a raggiungere il
cielo. La novità odierna consiste nel non attendere
che Dio moltiplichi e confonda le lingue; a ciò hanno
già provveduto stati e governi noncuranti della collera
celeste, anche perché, a giudicare da un preciso pronunciamento,
Dio non ha diritto di essere riconosciuto ad alcun titolo.Venticinque
idiomi diversi, come a dire usi, costumi, linguaggi diversi
spesso lontani o addirittura contrastanti tra loro; venticinque
più Turchia, Romania e Bulgaria in stand by e infine
la Croazia ammessa a guardare dal buco della serratura nel
ruolo di osservatore aspirante. |
|
La
televisione ha trasmesso per intera la pompa magna della
cerimonia, tra sorrisi, strette di mani, affettuosità e qualche
abbraccio anche tra avversari manifesti, ma a dominare su tutto
erano le bellezze incomparabili di Roma e le statue dei Papi
sotto i cui occhi si firmava il progetto della Costituzione
Europea. Questa
rifiuta di riconoscere l’unica radice comune che lega
storicamente gli stati firmatari, ad eccezione della candidata
Turchia: il Cristianesimo che non è solo una religione, ma
anche un movimento di civiltà, una |
“Attacco
al colosseo”,di Gian Paolo Tomasi.
Il colosseo qui raffigurato richiama in modo evidente la torre
di Babele, che secondo la tradizione, era situata in Mesopotamia,
l’attuale Iraq.
|
profonda
rivoluzione culturale che ha cambiato comunque la concezione del
mondo e la interpretazione della persona umana. Per il resto,
divisioni patenti e sommerse, intolleranze manifestate in nome
della tolleranza, sogni occulti e tuttavia individuabili di
vocazioni egemoniche, complessi di superiorità e inferiorità e,
serpeggiante, un risentimento antiamericano. Solo alcuni stati
hanno in comune la moneta, ma le donne di casa che sono la
maggioranza piangono al ritorno della spesa affermando che con
l’euro è raddoppiato il costo della vita. Esse non sanno, le
povere, di quei complicati vantaggi assicurati dall’economia,
una scienza, per la verità, tra le più inesatte e imprevedibili.
Gli oratori ufficiali hanno
parlato ciascuno nella propria lingua, per cui parecchi hanno
subito il filtro anonimo della traduzione simultanea letterale.
Lorenzo Valla si sarà rivoltato nella tomba; egli già nel
Quattrocento poneva come condizione essenziale per la nascita di
una nazione (o unione o federazione o confederazioni nazionali)
l’unità della lingua. La storia a lui ha dato ragione; sono
recenti gli esempi di federazioni multietniche che si sono
dissolte, anche con conseguenze gravi, al crollare del collante
ideologico che teneva sotto il giogo popoli e paesi eterogenei.
Recentemente qualcuno
rimpiangeva che non ci fossero più in giro assassini dei
Presidenti degli Usa in grado di eliminare Bush. Io ho un
rimpianto molto meno cruento: dove sono i cattolici Adenauer,
Schuman e De Gasperi che furono tra i primi statisti a
concepire il sogno di una Europa meno elefantiaca che meritasse
di legarsi con unità di intenti? Ho detto qualche cosa che non
va?
Turi Vasile
(da “Il Giornale” 31 ottobre 2004)
|
|
|