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Addio a Ibrahim Ferrer, uno dei musicisti del celebre gruppo "Buena Vista Social Club"
 

E' morto a Cuba Ibrahim Ferrer, il mitico cantante dei «Buena Vista Social Club», aveva 78 anni. Ibrahim Ferrer faceva parte del gruppo di anziani musicisti cubani protagonisti del film di Wim Wenders con Ry Cooder, e che li rese famosi in tutto il mondo. Interprete della musica tradizionale cubana, con una voce paragonata a quella di Nat King Cole, Ibrahim Ferrer iniziò a cantare a 14 anni. Negli anni Cinquanta faceva parte delle più importanti orchestre cubane. Negli anni Novanta per arrotondare la sua magra pensione fu costretto a lucidare scarpe nelle strade dell'Avana. Tornò al successo nel 1997 con l'album «Buena Vista Social Club», registrato con un gruppo di vecchi musicisti cubani riuniti dal chitarrista texano Ry Cooder, incisione che gli fece vincere un Grammy e che fu l'ispirazione per il film di Wenders del 1999. Due dei principali membri del gruppo, il cantante Compay Segundo e il pianista Ruben Gonzalez, sono morti nel 2003. Ferrer era rientrato a Cuba già ammalato, proveniente da un tour in Europa. Il suo manager Daniel Florestan ha detto che Ibrain «Qando è tornato a Cuba, è stato portato all'ospedale e le sue condizioni sono peggiorate. È morto per una insufficienza multipla degli organi».

7 agosto 2005

 
Addio a Ferrer, re del bolero
Su Il Mattino del 08/08/2005
 
Federico Vacalebre Il sogno dei supernonni cubani che hanno conquistato il mondo e sconfitto - come Davide Golia - l’embargo americano, imponeno la loro musica al mondo con un piccolo aiuto dagli amici Ry Cooder e Wim Wenders è davvero finito. Dopo Compay Segundo e Ruben Gonzales, l’altro ieri in un ospedale dell’Avana è morto, colpito da una grave gastroenterite, Ibrahim Ferrer, l’anima bolero del progetto «Buena Vista social club». Il settantottenne musicista rientrando in patria mercoledì da un tour europeo aveva confessato sull’aereo all'amico chitarrista Manuel Galban di sentirsi male, gli «mancava l'aria». A Barcellona, Montreux e Vienna, Ibrahim aveva presentato in anteprima alcuni dei brani destinati al suo prossimo album, annunciato per il 2006, «Mi sueno: a bolero songbook». Intervistato pochi giorni fa in Spagna si era presentato così: «La cosa migliore che so fare è cantare boleri, che è poi quello che più mi chiedono». Messo al mondo in una sala da ballo di Santiago, Ferrer aveva iniziato a cantare a 13 anni, facendosi le ossa prima con Los Jovenes del Sol e il gruppo di Pacho Alonso e raggiungendo poi il successo come ospite canoro di formazioni leggendarie quali l’Orquesta de Chépin e l’Orchestra Ritmo Oriental di Beny More, il mitico «barbaro del ritmo». Seguito Alonso all’Avana, rimase per vent’anni con lui, negli anni ’70 presero il nome di Los Bocucos e lanciarono il ritmo polòn. Ma a Cuba i musicisti erano pagati male, e Ibrahim deluso e amareggiato, viveva ormai della misera pensione statale che arrotondava facendo il lustrascarpe, quando, raccontava lui, «un angelo bussò alla mia porta e disse: ”Chico, vieni con me e registra questo disco”. Io non ne avevo voglia, avevo chiuso con la musica. Ma grazie a lui ho inciso il mio primo album e non dovrò mai più spazzolare le scarpe a nessuno». Quel cd era «A toda Cuba le gusta» degli Afro Cuban All Stars. Poi, nello stesso anno, il 1997, arrivò l’angelo con la chitarra Cooder, che voleva una voce calda per il bolero e scelse la sua, caldissima, romantica, profonda, profumata d’antico, affiancandolo agli altri supernonni Omara Portuondo, Compay Segundo, Ruben Gonzalez, Eliades Ochoa. Arrivò il Grammy, poi l’angelo con la cinepresa Wenders presentò all’universo suoni e ritmi della tradizione cubana. E fu il trionfo per tutti quei maestri per troppo anni dimenticati. Nel 2000 Ibrahim vinse il Grammy per il suo primo album solista, poi venne il successo di «Buenos hermanos». Il suo hit maggiore, naturalmente un bolero, resta «Dos gardenias», composto negli anni '30 dalla pianista Isolina Carillo e lanciato dal grande Antonio Machin. «Marieta», «Guateque campesino», «Cienfuegos tiene su guaguanco», «Bruca manigua» dimostrano come la sua ugola e la sua esperienza gli permettessero di spaziare in tutti i campi della old time music cubana, ma «Mi sueno», l’album che ora uscirà postumo, è il più credibile dei suoi possibili testamenti: ultimo bolero all’Avana, il Social Club non c’è più.

Ibrahim Ferrer